Moxa il termine
deriva dal giapponese Moe Kusa che significa erba che brucia.
Si può definire anche
termoterapia localizzata, che consiste nell’applicazione di calore concentrato
su alcuni punti specifici di agopuntura. L’applicazione viene effettuata
utilizzando bastoncini o sigari di artemisia vulgaris (pianta spontanea della
famiglia delle composite o Assenzio cinese) medicata e senza fumo oppure naturale e
applicata a pochi cm dalla pelle per riscaldare i punti, disseminati lungo i
meridiani energetici, che sono gli stessi dell’agopuntura. Secondo i principi
della MTC la malattia è causata da una carenza o da un ristagno di energia, la
moxa agisce rimuovendo i blocchi energetici e ripristinando la corretta circolazione. E’ utile in tutte le malattie del
freddo, con ciò s’intende in medicina tradizionale cinese i disturbi acuti e
cronici di origine reumatica, a differenza dell’agopuntura, che tra l’altro
può essere praticata solo da medici
agopuntori, la moxa localizzata non è invasiva e ha pochissime
controindicazioni.
Le controindicazioni
assolute sono: la febbre a 38°, varici, ulcere cutanee, micosi, edemi
linfatici, alcuni casi di diabete e ipoestesia, poiché la scarsa sensibilità
cutanea può dare luogo a bruciature.
Immagine
ripresa nei laboratori biomedici dell’Università di Graz (Germania) anno-2005
meridiano
dello stomaco dopo moxibustione visualizzato termicamente da autori tedeschi:
Klaus Peter Schlebusch, Walburg Maric Oeheler and Fritz Albert Popp, Ph.D.
L’immagine è tratta da
Tecniche iperspettrali
applicate all’analisi delle emissioni corporee e
biorisonanze spettrali con MULTISPECTRAL
THERMAL BIOSCANNER®
del dott. Daniele Gullà
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